Amare ciò che ripaga
Spesso quando ci si trova in un flusso positivo, c’è chi fa sembrare facile ciò che in realtà è difficile, un’apparenza esteriore che rispecchia ciò che sta accadendo nella loro mente. Possiamo essere assorbiti in qualcosa di straordinariamente impegnativo, e tuttavia il nostro cervello opera a un livello di attività e di dispendio energetico minimo. La ragione sembra essere questa; quando ci si sente annoiati ed apatici, o agitati con ansia, l’attività mentale è diffusa; e ci si trova in uno stato mentale per nulla concentrato . In uno stato di positività la mente appare più efficiente e precisa. Nella vita il lavoro è la principale arena che dà all’individuo la possibilità di entrare in uno stato di flusso positivo. Gli individui con mansioni complesse e stimolanti, che godono di maggior flessibilità nel modo di affrontare ciascun compito, hanno più probabilità di entrare in uno stato di flusso. I dirigenti ed ingegneri passavano più tempo in uno stato di flusso di coloro che svolgevano compiti di routine. Un maggior controllo significa una maggiore opportunità di massimizzare. Molte persone perfino il rimandare di fare qualcosa fino all’ultimo minuto, può essere un modo per alzare la sfida, creando un momento di attività frenetica sotto pressione che aggiunge adrenalina a un compito altrimenti troppo semplice. Per chi è capace di prestazioni eccellenti esiste una calibrazione particolare fra flusso e compito. In questi individui si instaura uno stato nello svolgimento del lavoro più essenziale ai fini dei loro obiettivi e produttività.
Una Project Manager presso un’azienda che si occupa di ingegneria, osserva un disegnatore che lotta su quello che dovrebbe essere un aspetto semplice di un progetto. La scadenza incombe e sono tutti sotto pressione. Mentre si avvicina al collega, la donna sente di aver stretto i pugni e che i suoi pensieri sono fissi su sentimenti di irritazione per la scadenza difficile e per la frustrazione dovuta al fatto che il disegnatore non sta più al passo. Rilassandosi un po’, gli chiede ” che succede, c’è qualcosa che non va? La risposta è una litania di frustrazioni sul fatto di non avere abbastanza informazioni per finire il disegno e sulla mole di lavoro che gli si chiede di svolgere in così poco tempo. Comprensiva la Project Manager pone domande al disegnatore più dettagliate su che cosa lo faccia sentire con l’acqua alla gola. Il suo modo di parlare è vivace, animato e con sguardo diretto. Gli fa capire che anche lei si sente schiacciata dalla pressione. Le domande della Project Manager fanno capire al disegnatore che in effetti ha più informazioni di quanto pensasse, e che può finire il lavoro. L’uomo è rincuorato ed ansioso di rimettersi all’opera. La Project Manager fa perfino una battuta sul fatto che a tutti mancano dei dati su quel progetto, soprattutto al vicepresidente che ha preso un impegno così pazzesco. Ridendo entrambi si rimettono a lavoro. Che cosa ha fatto di tanto azzeccato questa donna? E’ stata presente. Quello scambio, sebbene non fosse nulla di straordinario, è un buon esempio della capacità di essere emotivamente presenti sul posto di lavoro. Quando le persone sono presenti in questo senso, sono attente, e completamente coinvolte nel lavoro, e quindi la loro prestazione è ottimale. Gli altri le percepiscono accessibili e interessate. Dando un importante contributo di idee creative, energie e intuizioni. L’opposto, e cioè un’assenza psicologica e qualcosa di fin troppo familiare lo vediamo nelle persone che vivono la propria routine lavorativa in modo meccanico, annoiate e desintonizzate. In un certo senso, è come se non si presentasse affatto sul posto di lavoro.
Nello stesso studio di progettazione un’addetta alla reception che detesta il suo lavoro disse: ” stare lì davanti seduta e sorridere, battere la tastiera ed essere carina per me sono tutte stronzate, è soltanto un ruolo ed io non ci trovo nessuna soddisfazione. Queste 8/9 ore sono buttate via”. Per essere presenti occorre non essere bloccati dall’ansia, avere un atteggiamento di apertura e non di chiusura nei confronti degli altri.
La Project Manager ha in comune un attributo chiave, una totale attenzione per il compito in corso ed una completa immersione in esso. I nemici della presenza sono l’apatia e l’ansia. La presenza nasce dall’autoconsapevolezza. La Project Manager era ben sintonizzata sui propri sentimenti; i pugni stretti furono per lei un indizio della collera che provava per via della situazione. L’empatia le fece recepire il senso di frustrazione del disegnatore senza interpretarlo come un atteggiamento critico nei propri confronti. L’abilità di questa donna di sentirsi a proprio agio con questi sentimenti angosciosi le consentiva di affrontarli in modo efficace invece di evitarli. Piuttosto di liquidare la frustrazione del disegnatore o di criticare precipitosamente la sua prestazione, lo fece sfogare. E riuscì a dare risalto a informazioni che trasformarono la frustrazione in entusiasmo, concludendo lo scambio con una battuta che metteva la colpa dove entrambi pensavano che fosse in una sorta di incontro di pugilato emotivo che ebbe l’effetto di rafforzare il loro legame. Quando siamo pienamente presenti, riusciamo a sintonizzarci sugli altri e sulle esigenze della situazione, e ci adattiamo facilmente alla necessità. Sappiamo essere seri, divertenti, riflettere su noi stessi, facendo ricorso qualsiasi capacità o abilità occorra in quel momento.